In ambito ospedaliero, oggi più che mai, emerge con forza la necessità di comprendere e facilitare i processi comunicativi e di ascolto rivolti a coloro che si trovano a convivere con malattie di breve o lunga durata. I pazienti, siano essi giovani o anziani, spesso faticano a riporre fiducia nelle cure, soprattutto quando i miglioramenti sono lenti e diluiti nel tempo.

Dal punto di vista sanitario e assistenziale, il counseling psicologico, pur non essendo una pratica psicoterapeutica, costituisce una forma efficace di relazione d’aiuto. Esso caratterizza il rapporto tra lo psicologo e il paziente e si concretizza in un processo comunicativo (verbale e non verbale) attraverso cui l’operatore entra in empatia con il mondo interiore di chi affronta difficoltà, siano esse fisiche, relazionali o sociali. L’empatia permette all’operatore di influire positivamente sulla mentalità e sui meccanismi decisionali del paziente, con l’obiettivo di stimolarne la motivazione, le risorse personali e i comportamenti adattivi funzionali al suo benessere fisico.

Lo psicologo professionista mira a “ri-animare” il paziente: se l’anima rappresenta il motore della vita, la relazione diventa lo strumento per restituire il senso e il desiderio di vivere a chi lo sta perdendo per qualsiasi ragione.

Nell’ambito della ricerca, è essenziale che il paziente venga accolto con serenità e comprensione, poiché spesso ripone grandi speranze in una cura che possa restituirgli una qualità di vita accettabile dal punto di vista fisico e del dolore. È cruciale fornire spiegazioni esaustive e affidabili, poiché il paziente pone molte domande e presta grande attenzione a quanto gli viene comunicato.

Oggi le persone malate devono gestire un insieme complesso di emozioni, aggravato dal fatto che i familiari, sovraccarichi di impegni lavorativi, possono non essere sempre presenti. In questo contesto, la comunicazione e l’ascolto si rivelano strumenti preziosi per coadiuvare il percorso di guarigione, rendendolo più rapido ed efficace.

È fondamentale considerare la persona nella sua totalità. Un individuo afflitto da una malattia fisica soffre anche nel cuore e ha timori nella mente; può avere necessità diverse nei rapporti interpersonali e un bisogno più profondo di esplorare la propria dimensione spirituale.

Qual è lo scopo di tutto questo?

Il primo obiettivo è alleviare la sofferenza. Inoltre, si propone una riflessione più ampia e comprensiva: il sostegno psicologico mira a far sentire il paziente a proprio agio, aiutandolo a sviluppare pensieri meno negativi e a riscoprire emozioni positive. È ormai clinicamente provato che questo tipo di approccio può attivare meccanismi naturali di recupero della salute, in linea con la definizione di benessere offerta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1948. Secondo questa visione, la salute non si riduce alla mera assenza di malattia, ma comprende uno stato di benessere fisico, mentale, sociale e spirituale.

Un processo di aiuto mirato, limitato nel tempo e specifico, che attraverso il dialogo e l’interazione personale aiuta l’individuo a gestire le difficoltà e a potenziare le proprie risorse, creando un contesto relazionale favorevole al suo benessere complessivo.

Dott.ssa Manuela Marchetti